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martedì 17 settembre 2013

MUTUI - Le banche dicono no anche a chi ha un reddito alto e un lavoro fisso

Hai un reddito di 4mila euro al mese e un posto fisso e vuoi comprare casa? Non è detto che la banca ti conceda il mutuo, anzi una su quattro te lo negherà. è questo il risultato di un'inchiesta di altro consumo condotta su 155 agenzie di 10 città. nel momento di chiedere un finanziamento neanche il posto fisso è garanzia di successo

l'avventura di Mario
"mario" quarentenne con lavoro a tempo indeterminato e stipendio da 4mila euro al mese si è recato in 155 agenzie bancarie di 10 città (bari, bologna, brescia, firenze, genova, milano, napoli, roma, torino e verona). la sua richiesta era per un mutuo di 240mila euro per la copertura dell'80% del valore della casa (pari a 300mila euro). la risposta del 26% dei contribuenti è stato un bel no secco. Alcuni isitituti hanno considerato la richiesta troppo esosa perché normalmente concedono solo il 60,70% dell'importo. altre banche come la banca del mugello credito cooperativo e chianti banca hanno chiesto un garante, altre ancora non accendono un mutuo superiore ai dieci anni. ma c'è anche chi ha considerato troppo basso il reddito di mario. un caso a parte, l'agenzia di firenze dell'unipol banca che non ha ricevuto neanche il richiedente perché gli appuntamenti sono "solo per chi è già cliente"

spread, polizze e pratiche scorrette
ma non sono solo i rifiuti a rendere difficile la vita di mario. gli istituti bancari applicavano uno spread medio del 3,58%, e si andava dai 2,5% della banca di verona al 6% del creval di milano. E che dire delle pratiche scorrette delle banche? l'80% degli istituti di credito ha messo come condizione per la concessione del mutuo l'apertura di un conto corrente presso la propria filiale, il 24% la sottoscrizione di una polizza vita venduta da loro. nessun rispetto poi per l'obbligo di consegnare due preventivi di operatori diversi per questo tipo di assicurazione. e c'è anche chi invece della polizza vita ha proposto una polizza incendio. sei agenzie su dieci, inoltre, non hanno consegnato il modulo esis che seguendo standard europei consentire di confrontare le offerte di mutuo delle diverse banche .

da idealista.it


martedì 10 settembre 2013

LE SOCIETA' DI RECUPERO CREDITI - Tutela del consumatore - Informazioni

In tempi di crisi, le società di recupero crediti scendono in campo più aggressive che mai, spesso travalicando però i limiti consentiti loro dalla legge. Si tratta quasi sempre di condotte isolate, poste da singoli operatori telefonici poco rispettosi delle regole – e mai avallate dalle società stesse – allo scopo di conseguire più elevate percentuali di “recuperato” e, di conseguenza, soddisfacenti provvigioni. Ecco dunque una rassegna delle condotte che esse devono tenere e l’elenco dei comportamenti illegali.

Obbligo di informazione all’interessato
Quando la società di recupero contatta il debitore deve sempre presentarsi e riferire immediatamente per conto di chi sta telefonando e per quale credito. È diritto del debitore conoscere il nome dell’operatore, della società di recupero crediti e del creditore per il quale si sta tentando il recupero.

Numero visibile
La società di recupero deve sempre contattare l’interessato da un numero visibile. Al contrario, vengono spesso segnalati casi di telefonate da numeri anonimi.

Divieto di false dichiarazioni e condotte ingannevoli
Le società di recupero crediti non possono riferire al debitore informazioni false e ingannevoli al solo fine di intimorirlo. In particolare, i soggetti incaricati al recupero non possono minacciare azioni o iniziative legali sproporzionate, puramente fantasiose o vessatorie.

Ecco alcuni esempi di false affermazioni delle società di recupero:
- il mancato pagamento dei debiti è un reato e si rischia il carcere: al contrario, si tratta di un inadempimento di natura civilistica e non configura mai illecito penale. Esso può dar luogo, al massimo, a un recupero crediti con l’ufficiale giudiziario;
- il mancato pagamento può portare alla dichiarazione di fallimento: in realtà è sempre necessaria un’apposita procedura fallimentare, preceduta dall’emissione di un decreto ingiuntivo o di una sentenza che attesti l’esistenza del credito;
- al mancato pagamento può far seguito il pignoramento di beni mobili o immobili o addirittura dello stipendio: in realtà affinché possa esserci pignoramento è necessario che intervenga prima una sentenza o un decreto ingiuntivo e previo procedimento dinanzi al giudice. Dunque, il debitore riceverà comunque altri atti a casa e sarà sempre messo nella condizione di difendersi.
- in caso di mancato pagamento sopraggiungerà l’esattore: in realtà, non esiste la figura dell’esattore per crediti privati. Esiste, al massimo, l’ufficiale giudiziario, e quindi il normale pignoramento; ma anche in questo caso deve prima intervenire una sentenza di condanna o un decreto ingiuntivo.

Segnalazione alla Crif
Spesso le società di recupero crediti minacciano l’iscrizione del debitore nella banca dati della Crif. Ciò è possibile solo se il debito è stato contratto con una banca o una finanziaria. Negli altri casi, invece (per es. società telefoniche, della luce, paytv ecc.) non è possibile alcuna segnalazione.

Stalking
Gli incaricati del recupero crediti devono attenersi con scrupolo alle norme riguardanti l’incoercibilità psichica e fisica personale. Ciò vuol dire che essi non possono contattare il debitore in orari irragionevoli, con frequenza superiore al dovuto e in luoghi inadeguati (per es. posto di lavoro per i motivi sopra spiegati).
In alcuni casi, le condotte ingannevoli e le pressioni psicologiche poste in essere dalle società di recupero possono integrare reati di violenza e minaccia.

Comunicazioni a terzi
Le società di recupero crediti non possono comunicare informazioni sui mancati pagamenti a soggetti diversi dal diretto interessato. Così l’operatore telefonico non può rivelare le ragioni della telefonata ai familiari, ai colleghi di lavoro o ai vicini di casa del debitore, specie se con lo scopo di esercitare pressione su quest’ultimo.

Reperimento del numero di telefono
Quando il debitore ha voluto mantenere il proprio numero di telefono riservato, non inserendolo in albi, elenchi o non lo abbia comunicato al creditore (come spesso succede nel contratto con questi firmato), la società di recupero non può reperire il recapito telefonico in modi alternativi (per esempio, chiedendolo ai vicini di casa dello stesso stabile).

Registrazioni
Sono vietate le telefonate preregistrate volte a sollecitare il pagamento.

Avvisi di mora
È vietata l’affissione, ad opera di incaricati del recupero crediti, di avvisi di mora (o di sollecitazioni di pagamento) sulla porta del debitore, potendo tali dati personali venire a conoscenza di una serie indeterminata di soggetti con conseguente diffusione illecita di dati personali. Per la stessa ragione sono vietati i messaggi lasciati nella segreteria telefonica, le cartoline postali o i plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” (o locuzioni simili).

Dati personali
Le società di recupero crediti possono utilizzare solo i dati del debitore necessari all’esecuzione dell’incarico: dati anagrafici, codice fiscale o partita Iva, ammontare del credito vantato (unitamente alle condizioni del pagamento) e recapiti (anche telefonici), di norma forniti dall’interessato in sede di conclusione del contratto o comunque desumibili da elenchi o registri pubblici. I dati dell’interessato devono essere cancellati una volta che la pratica si è conclusa e le somme dovute sono state recuperate.

Recupero crediti domiciliare
Gli incaricati del recupero crediti possono recarsi presso l’abitazione dell’interessato, ma devono adottare tutti gli accorgimenti necessari per evitare la lesione della privacy e della dignità di quest’ultimo. In ogni caso è diritto del debitore non aprire e rifiutarsi di comunicare con loro.È severamente vietata, infatti, agli incaricati la violazione del domicilio dell’interessato cioè l’introdursi nell’abitazione di quest’ultimo senza il suo consenso. Attenzione: tali incaricati non sono pubblici ufficiali, non sono ufficiali giudiziari, ma semplici privati cittadini, incaricati di un recupero credito e delegati da società private. Pertanto non avete alcun obbligo nei loro confronti!


EURIBOR EURIRS - 10 SETTEMBRE 2013


Il valore dei tassi di riferimento dipende dall' andamento dei mercati finanziari e varia quindi ogni giorno. La fonte dei nostri dati è IlSole24Ore.  Per i mutui e i finanziamenti a questi tassi và aggiunto lo spread bancario.

TASSO VARIABILE (euribor)
1 mese  0,13%
3 mesi   0,23%
6 mesi   0,34%
12 mesi 0,55%

TASSO FISSO (eurirs)
1 anno 0,44%
5 anni  1.45%
10 anni 2.27%
15 anni 2,30%
20 anni 2,67%
25 anni 2,77%
30 anni 2,77%


EURIRS
Tasso interbancario di riferimento utilizzato come parametro di indicizzazione dei mutui ipotecari a tasso fisso. E' diffuso giornalmente dalla Federazione Bancaria Europea ed è pari ad una media ponderata delle quotazioni alle quali le banche operanti nell'Unione Europea realizzano l'Interest Rate Swap. E' detto anche IRS.

EURIBOR
Tasso interbancario di riferimento diffuso giornalmente dalla Federazione Bancaria Europea come media ponderata dei tassi di interesse ai quali le Banche operanti nell'Unione Europea cedono i depositi in prestito. E' utilizzato come parametro di indicizzazione dei mutui ipotecari a tasso variabile.

TASSO BCE (0,50)
Tasso di riferimento della Banca Centrale Europea (BCE). Rappresenta il tasso al quale la Banca Centrale Europea concede prestiti alle banche operanti nell’Unione Europea.

TASSI DI USURA ANNUO (terzo trimestre 2013)
Mutui a tasso fisso. Per tutti gli importi 10,362
Mutui a tasso variabile. Per tutti gli importi 8,600





lunedì 5 agosto 2013

MUTUI - Nuove forme di tutela per i consumatori


Con il decreto Legge “Commissioni bancarie” del 2012 è stato introdotto un nuovo strumento di tutela nei confronti di quei consumatori che riscontrino problemi di accesso a forme di credito e ritengano di aver ricevuto un ingiustificato rifiuto da parte delle banche. Si tratta di casi in cui i clienti vedono rifiutata la loro richiesta di mutuo, di finanziamento o rilevano altri problemi quali inasprimento delle condizioni, revoca di un finanziamento, etc. In tutti questi casi il cliente può rivolgersi direttamente al Prefetto in forma riservata tramite la posta certificata e far presente tutte le irregolarità riscontrate. Viene attivata una procedura con la quale il Prefetto chiede alla banca un riscontro sulla meritevolezza del credito che deve essere inviato entro il termine previsto di 30 giorni. Entro i 60 giorni successivi, il Prefetto invierà una relazione alla Segreteria Tecnica ABF (Arbitro Bancario Finanziario), alla banca e all’interessato contenente l’oggetto del ricorso e le motivazioni per le quali si ritiene di dover sottoporre la controversia all’ABF. Nei trenta giorni successivi l’ABF, previo esame da parte del proprio Collegio, dovrà adottare una decisione che verrà comunicata alle parti e per conoscenza anche al Prefetto. La possibilità di ricorrere dunque all’ABF consente ai clienti di porre in essere una modalità di risoluzione delle controversie di natura stragiudiziale, che rispetto ad un ricorso giudiziale consente di attivare procedimento molto più semplice, veloce ed economico. Per ricorrere all’ABF è necessario utilizzare la modulistica presente sul sito della prefettura ed inoltrare la propria istanza all’indirizzo di posta elettronica certificata protocollo.preftr@pec.interno.it.


lunedì 1 luglio 2013

Sparita la figura del mediatore creditizio, chi richiede un mutuo è vittima dei costi delle banche

C’era una volta il mediatore creditizio. Soggetto apprezzato dal sistema bancario, ma non troppo dalla clientela perché, in quanto professionista, sebbene a volte poco professionale, veniva percepito solo come un costo ulteriore nella già onerosa operazione di acquisto di immobili. Figura nostalgica, quella del mediatore creditizio, assimilabile ad un moderno Robin Hood per le sue proclamate lotte contro il sistema bancario a tutela della clientela. Sempre tra l’incudine e martello, da una parte i clienti difesi e solitamente soddisfatti (se si esclude il momento del pagamento della commissione da sborsare), dall’altra le banche sornione per essersi ritrovata canalizzata la clientela da professionisti retribuiti a costi variabili o talvolta nemmeno retribuiti. La banche quindi potevano permettersi di inseguire budget sempre più ricchi, sicure delle loro ipoteche immobiliari spesso iscritte fino al 300% dell’importo di mutuo erogato, in un mondo, quello dell’immobiliare, che vedeva i valori delle case aumentare sempre più. Fino a qualche anno fa le banche finanziavano ogni tipo di cliente, concedendo importi di mutuo decisamente superiori ai valori degli immobili acquistati. Erano gli anni degli “affari d’oro”. I prezzi non avevano fatto che salire, ma ciò nonostante, grazie ai mutui erogati dalla banche, i clienti riuscivano ad acquistare a prezzi stracciati. Immobili valutati € 300.000 da periti graditi al sistema bancario venivano acquistati a € 200.000. quindi perché non finanziare questi geniali affaristi sul valore di stima piuttosto che sul valore d’acquisto? Improvvisamente, ma non inaspettatamente, nel 2006 il primo fulmine a ciel sereno arriva da Oltreoceano. Negli Stati Uniti i prezzi delle case subiscono una flessione. Poi esplode il bubbone dei mutui subprime, la crisi si espande a fine 2008 anche in Europa e imperversa per tutto il 2009. Il sistema crolla. La liquidità per il privato e, ancor più velocemente per l’impresa, svanisce. La cassintegrazione si diffonde, la difficoltà d’accesso al sistema bancario è al punto massimo. Tutto portava a credere che le banche avrebbero sempre più avuto bisogno dei mediatori per interpretare la difficile situazione economica riflessa sulla loro potenziale clientela e che proprio nelle mani e nelle meningi di questo professionista avrebbero iniziato sempre più frequentemente a prendere forma i sogni degli Italiani. Il sogno di una casa. La realizzazione dell’appartamento in perfetto stile Ikea. Invece accade l’imponderabile. La banca inizia a diffidare dei periti, dei mutui subprime, dei mediatori creditizi. Inizia ad etichettare come responsabili tutti i soggetti esterni al sistema. I periti devono confluire in società che si assumono il rischio di valutazioni errate, ovviamente solo a rialzo, creando un’eccessiva stretta in tal senso. I mediatori creditizi scompaiono o quasi, Banca d’Italia interviene a fine 2010 precisando alcune proibitive regole d’accesso alla professione e facendo praticamente piazza pulita del settore. Altri mediatori finiscono per confluire nel sistema bancario, come agenti, sposandone il metodo. La metamorfosi ha finalmente inizio. Niente credito a chi ha bisogno di credito. Credito solo a chi offre garanzie. Fare banca è diventato un “affare serio”. Il mutuo, come altri prodotti bancari, deve garantire all’istituto di credito una certa redditività, altrimenti dal punto di vista della banca non ha senso farlo. Non avrà mica uno scopo sociale? Avendo eliminato, o quasi, dalla filiera la figura del mediatore, la banca può permettersi di aumentare notevolmente le spese di istruttoria (in alcuni casi pari a 1,5% dell’importo erogato), impone l’assicurazione incendio e scoppio proponendola come obbligatoria per legge e aumenta i costi di perizia perché “legati a società esterne specializzate”. Come se non fosse sufficiente, al cliente spesso vengono addebitati anche costi mai sentiti prima, come una fee una tantum per l’uscita del procuratore destinato a stipulare l’atto notarile (più di € 100 per un paio di sigle e una firma), le spese di incasso rata applicate anche su propri conti correnti e le spese di gestione contratto. Dopo tutti questi “servizi utili al cliente” non ci si può fermare, perciò ecco polizze assicurative, inesistenti prima della crisi dei mutui, come quelle a tutela della perdita impiego, del ricovero ospedaliero, dell’infortunio, della malattia o della morte. Polizze utili, per carità, ma vendute a scopo puramente redditizio: lo dimostra il fatto che le assicurazioni collegate al sistema retrocedono alla banca una commissione sui contratti, ed inoltre tali polizze sono da pagare a premio unico anticipato, al fine di incassare la provvigione piena.
Il gioco è fatto. La quota destinata al mediatore è finita in tasca alla banca. In diversi casi i costi di banca comprensivi delle polizze assicurative accessorie arrivano al 7% del capitale erogato!
Con tali margini è possibile tornare a chiudere un occhio sulle valutazioni immobiliari, considerando principalmente la stima e non il prezzo d’acquisto. Interiorizzato il problema dei subprime, niente cambia per le banche che continuano a fare affari. Fino alla prossima crisi dei mutui.
cit Paolo Amari